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Posts Tagged ‘aereo’

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Apr 21

In volo – Parte 1 – Quello che mi aspetto

Scrivo mentre sorvolo la penisola del Labrador, o per lo meno il ghiaccio che la preannuncia, mancano ancora un paio di migliaia di chilometri a Newark, che per me restava solo il nome di una città di un libro di Gibson fino ad un mese fa.

Per chi ha paura di volare, quelli che vi dicono che sugli aerei grandi le turbolenze si sentono meno mentono. La cosa buona delle turbolenze è che quando si accende il segnale di allacciare le cinture di sicurezza e la hostess dice di sedersi, i cinquanta ragazzini polacchi che ci sono sul mio volo tornano a sedersi. La cosa buona dei ragazzini polacchi è che non sono ragazzini italiani, per far stare buoni quelli bisogna aprire le uscite di sicurezza oltre i novemila metri. Le hostess polacche, invece, spesso si scordano di fare gli annunci in inglese e su questo volo sono solo over-fourty.

Qui sotto è tutto ghiacciato e coperto di neve, la differenza tra una montagna e un lago è solo che il lago è liscio, per il resto sono uguali.

Ultima informazione di servizio, sono seduto all’ultimo posto in fondo a destra, tipo indicazione per il bagno, posto 39G. Nel caso precipitassi comunque non vi servirebbe a niente, sto scrivendo con il tratto pen e un po’ di acqua o ghiaccio trasformerebbe il foglio in una indistinta macchia blu.

Mi sto dilungando su particolari inutili, allora ecco una cosa utile, quando si ringrazia qualcuno bisogna dire “thank you sir” o “thank you madam” e non mister. Che poi a pensarci bene sarei sembrato un po’ come quei napoletani dell’immediato dopoguerra che volevano fare fessi i soldati americani, tipo tammurriata nera, avete presente no?

Ora che sto per arrivare voglio fare il punto sui pregiudizi, timori e cose negative che temo di trovare in America. Perché vado negli Stati Uniti sperduti, non a New York o in qualche altra città con le scene del crimine fighe, ma in un suburbo di ventimila anime della città più grande del North Carolina, stato che ha come piatto tipico il barbecue e come maggior attrazione turistica un outlet, per fare un confronto è come se la Campania avesse soli i biscotti di grano sponzati (dicesi caponata) e il CIS di Nola.

(il fatto qua è lungo lo spezzo in tre parti)

Feb 26

Resta il dubbio

A Napoli un gabbiano va a sbattere su un 737 di AirOne in fase di atterraggio, l’aereo atterra senza grossi problemi a parte una visto sa ammaccatura sul naso ma per Angelo Lomonaco del Corriere non tutto è chiaro:

Resta il dubbio sulla provenienza del gabbiano, uccello marino che sulla terraferma sorvola soprattutto le discariche in cerca di cibo.

Imbecille.

Feb 02

Pregiudizio – addendum

Mi ero dimenticato di dire che sugli aerei non sempre va tutto male, perché altrimenti sembra che il mondo davvero vada allo sfascio e che non ci sia nemmeno un barlume di speranza. Quindi un breve elenco di cose buone dai voli di questo fine settimana:

– I cioccolatini al latte che danno sui voli Swiss Air, la prossima volta provo a chiederne di più.
– Non so se è una cosa standard, ma sui voli di Lot, compagnia polacca, è possibile chiedere invece del solito succo di frutta o bicchiere di the anche del whisky e coca, il whisky lo prendono da delle bottigliette mignon.
– Sul volo di rientro da Varsavia invece ho conosciuto un ragazzo americano che mi ha copiato su chiavetta usb l’ultimo film di Ben Stiller, Tropic Tunder (e tra l’altro si complimentava per il mio inglese, secondo me era il rumore dell’aereo).
– Il trenino tra i vari terminal dell’aeroporto di Zurigo è proprio bello, poi però pensi a Malpensa.
– Il biglietto del Malpensa express si può usare due volte, se lo si timbra alla macchinetta classica delle ferrovie, la banda magnetica resta nuova, quindi bisogna solo trovare un modo per cancellare l’inchiostro del primo timbro.

Adesso non me ne vengono in mente altri, se non che non mi hanno smarrito la valigia e che il vino è arrivato intero a Varsavia. Come pure i kabanos a Malpensa.

Feb 02

Pregiudizio

Da quando mi sono fidanzato con Ola mi sento molto esposto al pregiudizio da parte di amici, parenti o semplici conoscenti. Questo perché negli anni in Italia si sono creati una serie di luoghi comuni sulle ragazze dell’est e sulle polacche in particolare che sfuggirgli e davvero arduo. D’altra parte però, anche sul versante polacco, esistono tanti luoghi comuni sugli italiani, che alla fine comprarmi una camicia rosa è diventata una questione di principio.

Così, vittima di pregiudizi da entrambi i lati, ho imparato a non giudicare a priori quello che vedo intorno a me e cerco di tenere a freno la testa quando, ad esempio, vedo ragazze in coda al check-in per Varsavia il cui criterio principale per acquistare un capo di abbigliamento è quanto è visibile il nome dello stilista o della marca o che quando devono scegliere una borsa o un paio di orecchini si chiedono se è abbastanza luccicante, se brilla a sufficienza, se scendendo a cambiare un pneumatico bucato lo stanco camionista che fa Poznań – Białystok le vedrà anche da un paio di chilometri di distanza di notte, con la nebbia e i fari spenti.

L’altro giorno, per tornare a casa, ho fatto scalo a Zurigo, sul volo per la Svizzera era ovviamente pieno di germanofoni, nei posti dietro di me c’erano una tipa bionda e grassa con un bambino di pochi mesi in braccio e un ragazzo nove su dieci sudamericano, carnagione scura, folti capelli neri e viso che portava le tracce di un violento acne giovanile. Il bambino che si passavano piangeva a squarciagola, ma questo non mi impediva di cominciare a prendere sonno in fase di rullaggio.

Io non ce l’ho con i bambini, anche se piangono e danno fastidio, davvero; come davvero non penso che sei una cicciona cretina che si è presa il primo imbecille che in cambio di un permesso di soggiorno ti ha dato un po’ di confidenza; e non penso nemmeno che tu sia un deficiente perché credi di aver fatto una cosa geniale a mettere incinta la prima che si è dimostrata così stupida da farti intravedere la possibilità di guadagnarti col minimo sforzo la cittadinanza, svizzera o tedesca che sia.

Io queste cose non le penso, non le penso finché in fase di decollo non ti comincia a suonare il cellulare, perché a quel punto non credo che l’aereo cadrà, come non è caduto, ma puoi leggere nei miei occhi, quando incrociamo gli sguardi tra sedile e finestrino, tutto il mio disprezzo per te, per il tuo Motorola di merda, per la grassona che ti ha dato corda e per i genitori coglioni che si accorgerà di avere quel bambino non appena supererà il vostro livello intellettivo, più o meno intorno ai diciotto mesi.

Mucio

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