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Archive for the ‘Pianeta Terra’ Category

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Oct 16

E poi è salito quello con le scarpe bianche

E poi è salito questo tipo, io non è che stessi troppo bene, ma lui era davvero impresentabile, testone da re leone con crine irsuto e barbone, tipo Messner, quello di altissima, purissima, va caca, ma con i capelli più lunghi, occhi azzurro non propriamente lucido, pantalone che non ricordo, ma oscido giubetto celeste carta da zucchero e poi le scarpe, qualcosa di mai visto prima, bianche, ma non bianche di più, praticamente come se nel tram dove stavo fosse esplosa una supernova.

Ora io stavo leggendo Tibor Fischer, perché Saramago l’ho finito e sinceramente dopo sei birre ritentare l’avventura di prendendermi di nuovo a cornate con il Pasticciaccio mi sembrava eccessivo, chi ha letto Fischer sa che tende a tenerti attaccato alla pagina, a costringerti a finire la frase, il paragrafo e poi a ricominciare subito con il successivo, ditelo come volete, io malgrado il mal di testa da casa al centro avevo letto una ventina di pagine, carta moschicida Fischer dovevano chiamarlo, finché non c’è stato più verso di leggere, se abbassavo lo sguardo c’era questa bestemmia gridata in faccia allo sporco e a qualsiasi sfumatura di grigio, inutile voltarsi, sembrava che quelle scarpe illuminassero il resto del vagone e gli occhi tornavano sempre lì, maledetti, maledetto lui e le sue scarpe.

Fortuna che dovevo fare solo due fermate prima di arrivare in ufficio.

Oct 13

C’è sempre una bionda con il cappotto rosso che passa

Oggi sono andato a mangiare un kebab un po’ più in là. In questo posto, ci sono due kebab uno accanto all’alto che si fanno concorrenza da anni, uno pare sia turco e l’altro greco o uno turco e l’altro arabo o cose del genere, ogni tanto uno dei due ha la fila e l’altro no, è una cosa un po’ curiosa, di solito quello che ha più fila è quello dove compro, oggi stranamente era quello vuoto.

Avanti al banco delle ordinazioni oggi c’era un tipo strano, con i capelli all’indietro e qualche catenazza d’oro, dietro al banco un pelato sulla cinquantina, con il fisico da strongman, di quelli che corrono con un quarto di bue in spalla, abbattono gli alberi a testate e lanciano i ragionieri dall’altra parte del fiume, d’accordo questo non è sempre vero, per questo che si usano ragionieri che sanno nuotare.

Ho ordinato il mio kebab con le dodici parole di polacco che so, però se devo dire la verità mi sono un po’ impressionato col pelatone, sì perché, vicino ai menù kebab e cocacola di questo posto, c’è anche un articolo di giornale, plastificato e retroilluminato, con un signore arabo vestito in giacca e cravatta che vende i kebab, che parla di quanto è stato bravo questo signore ad aprire un kebab lì e ad avere successo in Polonia. Credo che ai polacchi che emigravano piacesse questa idea di uno che emigra da loro e fa i soldi, come se la gazzetta eschimese pubblicasse un articolo su uno di loro che si è comprato un frigorifero, visto che non fa così freddo se c’è chi si compra un frigo.

Comunque lo strongman del kebab un po’ mi metteva in soggezione, così ho preso un kebab con il panino e non con il pane arabo, di solito prendo il pane arabo perché il panino è più spesso e fin troppo ingombrante e non mi piace mangiare il kebab con la forchetta, alla fine però oggi mi è toccato e non mi sbagliavo quando lo evitavo, alla fin fine era solo del pane vecchio cotto in un forno elettrico e scaldato al microonde.

Mentre stavo lì ad aspettare che il cinese all’interno mi facesse il kebab, e il tipo con le catene d’oro decidesse per quale motivo era lì appoggiato al frigorifero, è passata una bionda con un cappotto rosso, a Varsavia c’è sempre una bionda con il cappotto rosso che passa, questa era alta, carina e stava mordendo una mela. Allora il tipo del kebab ha detto l’unica cosa che si potesse dire in quel momento. Smacznego (1).

1 Buon appetito

Oct 06

Un bagno come Dio comanda

L'oceano e i colori di picasa

Ci voleva l’oceano per riappacificarmi col mare

(foto originale L’oceano e i colori di picasa di francescomucio)

Oct 03

Da ventotto a otto

Siamo tornati dal Portogallo, anche se qualcuna non voleva. Siamo passati dall’estate polacca all’inverno mediterraneo. Lo sbalzo è stato così netto che si è riparlato di comprare il tè.

Effettivamente quello normale è finito, ne restano solo altre quattro o cinque varietà diverse.

Sep 14

La volta che andai al pub con degli sconosciuti

– Se volete ancora un goccio di birra offro io?
– Be’ un goccio a questo punto non mi cambia niente.

Stordimento, ora se te ne andassi io scriverei della serata di ieri.

Sono in Italia per una settimana con la voglia di vedere un po’ di amici e recuperare i mesi di quasi asocialità varsaviana, non che io non abbia i momenti in cui voglio stare da solo, anzi di carattere me ne starei in casa dalla mattina alla sera a giocare a Civilization e a guardare molto concentrato frigo e dispensa nella speranza che il cibo si cucini da solo, il miglior amico dell’uomo solo è la piadina, a differenza di un panino gli fa credere che stia mangiando qualcosa di più.

D’altra parte è anche vero che, proprio per come sono fatto, io devo vedere gente, uscire e fare cose con altre persone, perché altrimenti mi concentro troppo su me stesso, e non ne vale la pena, e poi ho bisogno degli altri per ricaricarmi, per scaricare tensioni e stress (quanto ci piace chiacchierare) e per riprendere equilibrio. E poi c’è sempre quella faccenda del pubblico, e mi piace troppo.

Torniamo a ieri, anzi un po’ prima, settimana scorsa per la precisione, quando prendo in chat due amici di Parma e gli chiedo se gli va di vederci lunedì sera, visto che sono lì dai miei. Sì, sì, bello vederci, anche noi non ci vediamo mai, possibile che dobbiamo vederci solo quando vieni tu? Possibile? alla fine nemmeno quello direi. Ieri mattina prima l’uno, poi l’altra defezionano, così si rimanda una mail anche agli altri per dire che purtroppo, signori, abbiamo scherzato.

L’unico che risponde, un perfetto sconosciuto, mi da un nome e dice che ci sta, all’Highlander in via La Spezia, basta entrare e chiedere di lui.

Sarà che le persone che considerano un pub la loro seconda casa mi hanno sempre ispirato fiducia, sarà che i posti dove conoscono i nomi dei clienti sono davvero pochi e ben nascosti e quando ne trovi uno devi per forza segnartelo, sarà anche per il fatto che vedere gente in questo periodo è come ossigeno, malgrado non conoscessi nessuno, solo con un nome, dopo cena mi sono perso per i lavori in corso di Parma.

L’Highlander non è grande, non ha davanti un ampio parcheggio e non si può fare casino perché è circondato da palazzi. Però le birre che si possono provare all’interno bastano per finire sbronzi tutti le sere per un mese di seguito. Le due cose che mi colpiscono all’inizio sono il proprietario che sembra incazzato con la cameriera più stordita della storia e la maglietta del tipo che beve con quello che mi ha invitato lì, croce celtica, segni delle SS, altra roba strana e una scritta “white qualcosa”, insomma una magliettina sobria e delicata come una fiala di cianuro.

Ora non è che stiamo lì a sottilizzare quando si va a conoscere sconosciuti, così prendo una birra e resto a fare due chiacchiere.

[Qui c’è uno stacco in cui si vedono delle immagini varie di birra, gente e ragazzini il cui hobby è fare rumore con il motorino.]

Alla fine succede che rimango fino alle quattro, parlando e ascoltando tutti quelli che passano, da quelli che erano lì quando l’Higlander aprì nel ’92 alla tipa quasi minorenne che stupiva l’amico bevendo e fumando, sentendo storie di incidenti, di lavori e di traslochi, di fucilate nelle macchine dei terroni e di ragazze che ballano in topless sui banconi, tra un iphone e una motocicletta, tra un che fai qui e un cosa farai, farò, facciamoci un’altra birra? con magliette delle brigate rosse che salutano magliette neo-naziste, tra cantanti dai capelli rossi che si portano dietro lo scudiero e canzoni parmigiane che non fanno del buon gusto un punto di vanto, tra chi arriva tardi e chi si fa venire a prendere, tra i volantini della festa di strada di via La Spezia (andateci è domenica prossima, il 20) e la saracinesca che si abbassa dietro gli ultimi clienti che andavano via lasciandoci dentro, ancora a chiacchierare e a dire stronzate.

Era da un po’ che non facevo la chiusura di un locale e ci vuole la birra e le persone giuste per farlo, soprattutto se non conosci nessuno. Sono stato proprio bene ed era la cosa che mi serviva.

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