E chi chiamerai?
In caso di esequie… rompere il vetro?
(Chi capisce la citazione vince una bambolina.)
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In caso di esequie… rompere il vetro?
(Chi capisce la citazione vince una bambolina.)
Antefatto – ciò che viene prima
Durante l’erasmus alla corte di Francia il peregrino Babelez e l’accorta Maedusa decidono di prestare servizio presso il primo surrogato di pizzeria che li avesse accettati.
Svolgimento – come l’ingarbugliata matassa della storia si dipana
Sul finire di una serata, particolarmente ricca di stress emotivo, il Babelez, in cerca di rilassante sollazzo, meccanicamente ripete il gesto di accendersi una siga, paglia, bionda, ciospa o come piace intitolarla a voi. Al che Maedusa (vi avevo detto che era accorta? sì, ve l’avevo detto) lo sospinge contro il muro del senso di colpa rimbrottandolo così (cfr. nota1):
– Ma non ti pare di fumare troppo? ti sei finito già un pacchetto?
– Eeeeehhhh, non ho fumato venti sigarette.
– Non venti, diciannove.
Epilogo – laddove la storia seppur terminando lascia un sentimento nuovo negli astanti
Il dialogo fortuito arriva però alle orecchie dei francesi circondanti i due, che ne ridono di gusto, ma non è tutto, tra lo stupore dei miei compari, i galli transalpini cominciano a raccontare la cosa ad altri quasi fosse una barzelletta e poi a riderne, riderne, riderne.
Nota 1
Il dialogo originario pare sia stato questo:
– Ma non ti parrebbe che il tabacco abbia su di te un fascino smodato? Ormai il pacchetto è tristemente vuoto.
– Sbagli, cara, non ne ho fumate tali e tante da pareggiar il numero delle mie dita.
– Eppur io in vero credo che se non son venti, saran dicennove.
Feb 13, 2007 Ale xyr place
(foto di agentdclan presa da Flickr)
Esistono locali che cadono nella leggenda. Locali di cui si parla un sacco e che rischiano di deluderti, anche se sono bellissimi, solo per via di aspettative ciclopiche nate nella mente di noi poveri comuni mortali. Il Buddha Bar è il candidato numero uno.
Sei compilation di musica chill out, decine di articoli, il web invaso di gente che inneggia al Buddha Bar… e secondo voi la nostra fighetta di riferimento, in crisi da cibo giapponese a Parigi (puro pretesto, la ville lumière pullula di sushi bar) non riservava un tavolo? anche solo per poter poi dire “si va beh, ma insomma…”
Bene, siamo felici di dirvi che il Buddha Bar è assolutamente all’altezza del suo nome. Anzi, forse ne è fin troppo compiaciuto, ma in complesso è fantastico.
All’ingresso, un branco di buttafuori vi fa passare sussiegoso, e già una si sente una signora, per consegnarvi nelle mani della prima hostess, che vi indirizza al locale, piano di sopra, al bar e sushi bar galleria dell’ammezzato o al ristorante, di sotto. Non sperate neppure di trovare un buco se non prenotate.
E lì, in un tripudio di lacca nera e rossa, si apre un’immenso salone con soffitto altissimo e il gigantesco buddha dorato di circa 5 metri. In sintesi, è il posto più assurdo dove abbia mai mangiato, ma è fascinosissimo.
Gli arredatori si sono sbizzarriti a coniugare la grandeur francese con lo spirito asiatico e anche lo chef, (noi abbiamo preso il menu bento, ovvero cibo portato in eleganti scatole di lacca – la versione iper chic della schiscetta) ci ha messo del suo. Niente da dire sull’eccellenza del cibo e sulla bellezza del dolce.
Peccato che soffra, come i ristoranti francesi in genere di luci troppo basse e musica troppo alta, ma forse qui una ragione c’è. Inoltre, non è ammissibile che la cameriera di un ristorante giapponese non capisca cosa tu voglia quando le chiedi gli “hashi” (ovvero le bacchette).
Sul conto, io tralascerei, questa volta l’ho pagato io… per due, ero con mio cugino. Ma dopo tutto, la grandeur francese si paga salata… e non c’è nulla da fare.
Buddha Bar
Indirizzo: rue Boissy d’Anglas, 8 (Paris)
Telefono: 01 53 05 90 00
Sito web: http://www.buddha-bar.com/
Costo finale della cena: Non dichiarato :D
Il voto fighetto: 4.0 stellette
*Una stellina in meno per colpa della cameriera.
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