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Archive for October, 2008

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Oct 09

A Francoforte c’è Franco ed è forte

Ovvero a Benevento si sta bene, ma c’è vento.

[Prima di cominciare alcuni minispot dall’aeroporto di Francoforte, prendeteli come una pubblicità]

Se il mio inglse fosse migliore andrei da un poliziotto e gli direi “Quel tipo è un terrorista, aveva una bomba, ma dev’essergli esplosa tra le mani, altrimenti come si spiegano quei capelli?”

La Ritter Sport Bio costa uguale ma è solo 65gr invece che 100.

Sono passate una trentina di tedesche con custodie di strumenti musicali, una banda, un’orchestra o qualcosa di simile, se non fossero state barely legal avrei detto suonatrici di piffero.

[Fine pubblicità]

Una volta a Francoforte c’era Jimmy il debole e la gente veniva a prenderlo in giro da un po’ ovunque, gli chiedeva le cose in prestito e poi non gliele restituiva, lo invitava alle feste dove c’erano solo coppiette e non gli presentavano mai le amiche single, se non quelle più brutte.
Insomma i problemi del mondo erano altri, ma Jimmy nel suo piccolo ci soffriva, anche perchè doveva appendere un quadro in salotto e il martello da due anni lo aveva il suo amico Andrea. Così Jimmy una sera telefonò ad una trasmissione che andava di notte sul satellite, nella quale davano consigli. Inutile dire che i consigli migliori li davano su una linea privata da pagarsi profumatamente e Jimmy, in quel periodo, era così disperato che spese cinquanta e più euro per avere il consiglio che gli avrebbe cambiato la vita e rimesso in ordine il salotto.

Il giorno dopo con il trucco della madre si disegnò un neo sulla guancia e andò al bar a fare colazione. Poco dopo arrivò Alessandro, che si faceva chiamare Sandro, perché diceva che così il suo nome era più corto e veloce come lui, che era un tipo svelto. Salutò gli altri nel bar e poi si rivolse a Jimmy: – Ehi, frocio, pagami il caffè.
– Certo – rispose Jimmy – e se vuoi ti faccio anche un pompino per darti il buongiorno.
Nel bar ci fu un attimo di teso silenzio, poi Jimmy continuò: – però poi devi dire a tua madre che siamo pari.
Sandro lo afferrò per il colletto della camicia: – Ehi, Jimmy, ma come cazzo ti viene?
A Jimmy, che sentiva il suo fiato troppo vicino, iniziò a girare la testa, ma riuscì a rispondere: – Primo non sono Jimmy, ma suo cugino Franco – respirò. – Secondo se non mi togli le mani dalla camicia te le infilo su per il culo così puoi giocare a fare il ventriloquo.
A quel punto Enzo il barista si mise in mezzo per tranquillizzare gli animi: – Franco, questa colazione la offre il bar come benvenuto per il cugino di uno dei nostri clienti più affezionati.

Quella stessa sera Jimmy/Franco andò ad una festa a casa di Marco e Ginevra, in realtà più che una festa era una di quelle cene fredde dove i ragazzi sono seduti sul divano a guardare l’anticipo di campionato e le ragazze a chiacchierare del sottovuoto più spinto tra bagno e cucina. C’era anche una ragazza spaiata per lui, ma era grassa, brutta e con l’alito che puzzava, la cosa migliore che poteva dire di lei era che prima delle dieci meno un quarto era andata via. Durante il secondo tempo i commenti si erano spostati ridacchiando dalla partita ai vicini che avevano cominciato a darci un po’ dentro, anche se Marco era quello che rideva meno di tutti perché certi suoni e certi gemiti li conosceva bene.

Non si era all’ultimo quarto d’ora della partita quando arrivò Alessandro/Sandro e raccontò di Franco il cugino di Jimmy. Marco fu troppo svelto a saltare su dal divano perché non lo notassero anche gli altri. Trovò Franco che stava uscendo dalla sua camera da letto:
– Che stavi facendo lì dentro?
– Mi stavo godendo la festa.
Marco entrò dentro e cominciò subito a discutere animatamente con Ginevra. Franco si andò a versare un bicchiere di vino mentre calamitava gli sguardi di tutti.
– Qualcuno mi fa compagnia? – disse porgendo la bottiglia verso gli altri, immobili. – Jimmy me l’ha detto che ve la siete fatta tutti. Direi che un brindisi lo merita.
Sandro che effettivamente non era lento capì subito dove stava andando il vento e accostò il bicchiere: – Se non si beve per una storia come questa.
E per non farsi intendere dalle ragazze brindarono alla “convenzione” e accettarono Franco tra di loro.

Le cose così cambiarono radicalmente per Jimmy/Franco, Andrea gli riportò il martello, ma comunque non appese il quadro perché era troppo impegnato con gli amici che adesso gli presentavano le amiche o lo usavano come spalla per importunare altre ragazze. In sua presenza gli altri non parlavano mai male di Jimmy che nei loro discorsi ora era un simpatico fessacchiotto, brillava insomma della luce riflessa del cugino.
Il venerdì successivo lo invitarono per la paritella di calcetto, Jimmy non veniva mai invitato, se non quando mancava un portiere e diventava il capro espiatorio dell’eventuale sconfitta. C’erano tutti, anche Marco che in qualche modo Ginevra aveva convinto che nulla fosse successo, mancava solo Andrea che si era dato una martellata su un dito cercando di piantare frettolosamente un chiodo.
Senza un portiere fecero a turno. La partita combattuta ed equilibrata fu chiusa all’ultimo da un gol di Franco che permise alla sua squadra di vincere.
Quello che accadde sotto la doccia fu inevitabile, il neo sulla guancia fatto con il trucco della mamma si sciolse e Franco tornò ad essere Jimmy. Se ne accorse quando vide che tutti gli altri lo stavano fissando.
– Ma tu sei Jimmy?
– Sì, lo sono sempre stato.
– Ma perché l’hai fatto?
– Per poter essere accettato da voi.
– E ci sei riuscito. Sei un bastardo Jimmy.
– Non sono Jimmy, sono Franco.
– E sei forte.

A Francoforte c’è Franco ed è forte. C’è anche Ginevra, che non è svizzera, ma ci sta con tutti lo stesso.

Oct 09

Vita in campagna

Purple Tractor

Dedicato ad una mia amica e alla delicatezza che notoriamente la contraddistingue

(foto originale Purple Tractor di biketourist.org)

Oct 08

Maometto e Carlomagno di Henry Pirenne

La cosa bella di leggere un libro “di uno storico” e non “di storia”, cioè il libro di storia del liceo, è leggere tra le righe i riferimenti e gli appunti che fanno ai colleghi e leggervi rapporti di stima, di odio o di disprezzo, insomma, per dirla con parole altrui, “onestamente in poche parole la maggior villania del mondo.” La fregatura è che è un libro del 1937 quindi non si possono seguire le polemiche successive se non facendo ricerche d’archivio.

Questo libro volevo comprarlo da più di dieci anni e se si va aldilà dei nomi dei re barbari si possono scoprire un sacco di cose interessanti sugli anni successivi alla caduta dell’impero romano d’occidente.

L’ho comprato per avere qualcosa da leggere in metro e autobus, per non dover guardare continuamente i milanesi e la città.

Lo sto leggendo due volte, con il piacere di leggere un buon libro, con la curiosità per la storia e per gli anni bui dopo la fine dell’impero, ma anche facendo un confronto con la situazione attuale, perchè da qualche tempo, ma soprattutto tornando ora in Italia, ho una sensazione da “tramonto dell’impero” e ho voglia di sapere quello che potrebbe accadere, giusto per tenermi pronto.

Oct 07

Ma che bella città di merda, gli autobus

Poco fa, fermata metro Bisceglie, per venire qui in Vodafone dove sto adesso posso prendere il 321 e 322, visto che erano le nove meno cinque dovevo prendere quello che partiva prima. La cosa più semplice era chiedere ai due autisti che chiacchieravano tra i due autobus, quindi ho semplicemente chiesto “Mi scusi, a che ora parte questo autobus?”

A questo punto mi sono sentito dare del maleducato perchè c’erano gli orari sia davanti ad uno che all’altro autobus. Ho pensato tante cose brutte da rispondere, ma vorrei riportare solo due dati oggettivi per confronto.

A Varsavia sugli autobus periodicamente ci sono annunci di offerte di lavoro per autisti, sui display luminosi che indicano la prossima fermata appaiono scritte tipo “Lavoro come autista, visita il sito www. eccetera eccetera”. Questo perchè la gente a Varsavia non ha molta voglia di fare l’autista di autobus, perché non è un lavoro pagato troppo bene nè un lavoro che ti offre chissà quali possibilità. Mediamente in Italia se a qualcuno dai un posto di autista di autobus ti bacia i piedi per una vita.

A Varsavia il mestiere di autista di autobus è un lavoro che fanno soprattutto giovani, soprattutto sugli autobus notturni, quando chi ha già una certa età vuole stare a casa e chi studia cerca un lavoro part-time per guadagnarsi qualcosa durante gli studi.

Credo che prima o poi qualcuno si dovrà accorgere della differenza.

Seconda cosa a Varsavia alcuni autobus sono davvero vecchi, soprattutto i notturni (per quelli li usano apposta quelli vecchi), per averne un’idea immaginate i vecchi autobus urbani degli anni ottanta continuati però ad essere usati ancora ora, però in tutti gli autobus e tram c’è il percorso degli autobus, in quelli più nuovi anche il display che indica parte del percorso si sta percorrendo, la fermata attuale e la prossima alla quale l’autobus si fermerà, in alcuni c’è anche la voce registrata.

Questo permette di dare degli appuntamenti molto semplici dando il nome della fermata (“Ci vediamo a GUS”, “Per casa mia scendi a Sasanki”, “per l’ufficio prendi il tram da Centrum in direzione Żoliborz e scendi dopo due fermate a Królewska”), ti permette di leggere con tranquillità e di sapere dove devi scendere, senza dover andare a chiedere all’autista, ovvio che su ogni fermata c’è scritto il nome della stessa così che lo si possa vedere dall’autobus.

E’ un servizio che costa poco e nulla, magari qualcuno un giorno penserà che si può applicare anche a Milano o a qualche altra città italiana.

Per il discorso autobus notturni invece ne parliamo la prossima volta.

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