Sabato 7 Ottobre – Sfida di scrittura – Le prove
Alla fine la sfida si svolse. Prima delle prove però un po’ di informazioni sulla sfida.
Luogo della sfida il bar Oasi di Salerno al numero 38 di lungomare Colombo, ovviamente Pastena.
Partecipanti alla sfida: la signorina Jane Gallagher e il tenutario di questo Blog.
Giudice il signor Babelez ed Enzo del suddetto Bar Oasi.
Ultima nota, l’amica Jane ha una scrittura molto più piccola della mia, quindi lì dove occorreva scrivere cinque righe o una pagina ha scritto molto di più del sottoscritto. Ma basta con le stupidaggini, al via le prove, se poi qualcuno vuole commentare alla fine, lo faccia. A breve posterò i giudizi di Babelez ed Enzo.
Prima prova – Racconto breve di cinque righe.
Autostima di Jane Gallagher
C’era una volta un uomo che piaceva a tutti. E non era nemmeno famoso, non gli brillava il sorriso come nella pubblicità, però piaceva a tutti, e non c’era uno che non volesse passare il tempo con lui o meglio ancora ESSERE lui. Però lui si detestava, si trovava brutto e noioso. Gli chiesero di scrivere un racconto, e quello che scrisse fu: “c’era una volta una giornata che sembrava finire e che invece non finiva, non finiva, e non finì mai.” Lo trovò brutto, sconclusionata, strappò il foglio, all’improvviso fu notte e per fortuna anche l’uomo sparì. A nessuno mancò.
Era una notte buia e tempestosa di Mucio
Era una notte buia e tempestosa e rimanere bloccati sulla tangenziale non era stata un’idea molto intelligente, la ruota si era squarciata, la macchina era finita contro il guardrail rovinandosi tutta la fiancata e il portellone posteriore era completamente divelto. Fortunatamente il bracchetto alla guida era fuggito di nascosto.
Seconda prova – Poesia contente la parola “Petrolio”
Petrolio di Jane Gallagher
Alla mia destra la valle
la città
a sinistra
e poi il mare
Aspetto
il sole
e una risposta
Qui mio nonno
un giorno
lontano
ha visto le navi sbarcare
Nascosto nell’erba vedeva la rovina del mondo
la sua vita dovette sembrargli una piuma
Aspetto il sole
che salga
e risponda
E poi
nessuna nave
ma petrolio
si allarga
sul mare
Solo un’ombra
la mia vita una piuma
mare nero
e nessuna
mattina
Petrolio di Mucio
Di ritorno dall’Arabia
sono corso qui da te,
ho scavato nella sabbia
ma pensavo solo a te.
Sotto il sole, senza posa,
nella mente avevo te,
non volevo che una cosa
e l’avrei portata a te.
Petrolio, bitume, gas metano,
scavo il pozzo e poi chissà,
me l’ha detto uno sceicco,
scava il pozzo e sarai ricco.
Ma tornato dall’oriente,
mi sovviene un accidente,
la mia tenera sposina
sta con uno della cina.
Terza prova – Testo libero, tema autobiografia
Senza titolo di Jane Gallagher
Loro pensano che siano testi nonsense, ma il punto è che non lo sono, che non hanno visto quello che ho visto io e che non potranno vederlo mai, nemmeno se vogliono. E che sì, sono nato in Calabria, dove sono nato io tutto è assetato e riarso, la sete è vecchia quanto il mondo, è antica, e la donna sulla soglia di casa è chiusa nel nero del lutto di sempre. Erano gli anni cinquanta mio padre pensò che non voleva crescere dei figli assetati, e ci portò via, a Roma, che per me, per noi era il Nord. A questo punto quello che leggi di me, quando leggi le storie che raccontano di me, è che io ero uno che giovava, ho giocato sempre, per tutta la vita, che è stata un niente e pure è stata la vita di uno che, con le parole, ci giocava. Loro pensano questo, ed è vero, in parte, quello che pensano: che tutto quello che io ho scritto, tutte le canzoni, i titoli improponibile, le strofe ritagliate nell’assurdo, le favole che ho cantato, che tutto siano stati soltanto i miei giochi tirati fuori da una testa che era un cappello, un cappello a cilindro. Loro dicono nonsense, quando parlano di me, e dicono che l’ho inventato io.
Ma la realtà. La realtà è che un giorno sono salito su una nave spaziale, proprio così, una nave spaziale con gli oblò e tutto. Sono stato via per un po’. E nel posto dove sono andato l’umanità era solo una delle infinite variabili, e così il tempo, e così la logica, per non parlare della normalità. E della morte.
Ho imparato che il tempo va avanti, ma poi torna indietro. Che se ti concentri su quello che sei in questo momento in cui parli e in cui vivi, fai l’errore più grave: sei qualcuno in ogni momento e i momenti continuano a esistere, sparsi in diversi punti della linea del tempo. Per cui tu non sei uno, ma tanti. Sulla linea del tempo, se impari, ci viaggi coi pattini.
A me hanno insegnato e così ci ho viaggiato, e non sai quante volte sono stato bambino e poi vecchio e poi morto; e sono stato bambini quando ero stato già grande e poi ho visto la terra dallo spazio, e ho visto il vuoto più nero e la solitudine più immensa, dall’oblò.
Sono stato morto e poi ho vissuto sapendo già quello che mi sarei perso. Dal cappello a cilindro ho tirato fuori favole e assurdità, ma non ero io: erano tutti quei mondi, e tutte quelle vite, e tutte quelle stelle, dall’oblò.
Sono morto il 2 giugno del 1981.
Mi chiamo Rino.
Senza titolo di Mucio
Prima di finire a fare il giudice delle sfide di scrittura ai bar di Pastena, disciplina olimpica dal 1972 Giochi di Torrione Alto, la mia vita è stata piena di accadimenti, fatti tragici ed altri meno. Tutto possiamo dire che cominci nel 1969 quando il primo uomo mise piede sulla luna, l’inizio di un’epoca di sogni e di speranza per l’umanità. Quando nacqui l’eco di tale evento non si era ancora placato e i miei primi anni furono all’insegna delle letture di romanzi d’avventura, maldestri tentativi di colare e album da disegno riempiti di paesaggi lunari, marziani e disegni della terra vista dallo spazio. Durante gli anni del liceo conobbi alcuni di quelli che ancora oggi mi accompagnano, amici e fratelli allo stesso tempo. Prima di cominciare l’università decisi che volevo vedere il mondo, cominciai visitando parenti di altri continenti, conoscendo durante i viaggi altre persone, che poi andai a trovare, Caracas, Bangkok, il Qatar, la Nuova Zelanda, Maratea. Ho lavorato nel cinema, ho investito energie e tempo nella ristorazione e ho regalato sorrisi a chi ha avuto poco e niente dalla vita, come i francesi. E oggi sono qui a Pastena a giudicare deficienti che si cimentano in sfide di scrittura, non posso che guardarmi indietro e pensare che questa vita è proprio come l’avrei voluta.
Se solo in questo bar ci fosse della musica migliore.